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RUMORI IN CONDOMINIO: QUANDO SONO TROPPO ALTI?

Rumori molesti: come capire i limiti concessi dalla legge per i proprietari e gli inquilini vicini di casa e per le attività commerciali.

10/11/2023 Autore: Mazzilli Immobiliare

Come si fa a capire se un rumore in condominio è molesto o meno? Esistono dei limiti di decibel che non si possono superare? Chi bisogna chiamare per impedire che il rumore prodotto da un vicino di casa, da un locale, un’associazione musicale o da un panificio possano disturbare i residenti?

Vivere in un condominio comporta spesso la gestione condivisa di spazi e risorse, ma anche la necessità di convivere con rumori di diversa natura. La legge italiana, in particolare l’articolo 844 del Codice Civile, definisce chiaramente i limiti entro cui questi rumori sono considerati tollerabili. Recenti pronunce della Corte di Cassazione hanno chiarito come stabilire quando i rumori in condominio sono troppo alti. Qui di seguito vedremo quali sono i limiti da rispettare e la procedura da seguire per effettuare tale calcolo. Ma procediamo con ordine.

Qual è il limite di tolleranza dei rumori in condominio

L’articolo 844 del Codice Civile stabilisce che all’interno delle abitazioni, i rumori non possono superare il limite della “normale tollerabilità”. Questo concetto generale viene definito, caso per caso, dal giudice sulla base di una serie di criteri come:

l’ubicazione dell’immobile ove il rumore viene prodotto (in un centro urbano, caratterizzato da maggiori rumori di fondo, il limite della tollerabilità deve essere più alto rispetto a un contesto rurale o residenziale ove vi è maggiore silenzio ed è facile quindi che anche il minimo rumore molesti i vicini);

l’orario in cui il rumore viene effettuato (lo stesso rumore, suscettibile di disturbare i vicini nelle ore del riposo, può passare inosservato durante la giornata lavorativa);

la necessità dell’attività intrapresa (per quanto intollerabili possano essere i lavori di ristrutturazione di un appartamento, non si può certo impedire al proprietario di non effettuare riparazioni o modifiche al proprio immobile. In casi come questo ci vuole maggiore tolleranza, fermo il rispetto degli orari di riposo da parte degli operai);

la durata del rumore (un piatto che cade a terra e si rompe è un rumore fragoroso ma dura un attimo; sbattere tappeti dal balcone può essere molto più molesto se l’attività viene svolta in prima mattina).

Come si misurano i rumori per stabilire la tollerabilità?

Per determinare se un rumore supera la soglia di tollerabilità, si devono effettuare due tipi di misurazioni:

una durante l’emissione del rumore;

l’altra quando la sorgente rumorosa non è attiva, al fine di calcolare il rumore di fondo (quello cioè proveniente dall’esterno dell’immobile).

Fatto ciò è possibile definire i limiti legali: in particolare il rumore si considera tollerabile quando supera di 3 decibel il rumore di fondo.

L’analisi viene fatta da un perito fonografico nominato dal soggetto molestato che intenda fare causa al responsabile e procurarsi le prove della lesione della propria quiete domestica. Il giudice poi nominerà un consulente tecnico d’ufficio (CTU) al fine di effettuare una valutazione imparziale.

Quando i rumori provengono da attività commerciali o industriali, le rilevazioni vengono fatte dall’Agenzia regionale di protezione ambientale (Arpa), ossia l’ente che si occupa di effettuare i rilievi tecnici e misurare i decibel, per verificare che siano effettivamente superiori alla soglia di tollerabilità.

Sempre per quanto riguarda le attività commerciali, la legge di Bilancio del 2019 (articolo 1, comma 746 modificativi dell’articolo 6 ter del Dl 208/2008) ha stabilito che il giudice, nel valutare l’incidenza dei rumori ai fini della determinazione della tollerabilità, deve fare riferimento alla legge n. 477/1995 e ai relativi decreti attuativi (Dpcm del 14 novembre 1997), che fissano delle soglie a seconda del tipo di attività svolta nell’immobile.

Casi giurisprudenziali

Nel caso di un panificio situato in un condominio, la Corte di Cassazione ha stabilito che, nonostante la buona fede del titolare, se il rumore supera la soglia di tollerabilità, il panificio deve adottare misure per ridurlo e risarcire i danni ai condomini disturbati (Cass. ord. n. 27965/2023).

Il giudice può certo operare un bilanciamento tra le esigenze del soggetto leso dal rumore e quelle dell’attività produttiva svolta, imponendole rimedi tecnici per mitigare il danno, come l’insonorizzazione dei locali (Cass. sent. n. 5564/2010) ma il risarcimento al danneggiato va comunque corrisposto, anche qualora, come nel caso in esame, il titolare del panificio sia esente da colpe per ave rispettato il regolamento di condominio.

In un altro caso, un’associazione culturale musicale è stata oggetto di una causa legale per la cessazione dell’attività musicale notturna e per il risarcimento danni a causa di rumori eccessivi. La Corte di Cassazione (ord. n. 25976/2023) ha confermato la condanna all’associazione a insonorizzare i locali e a risarcire i danni, ribadendo il principio della tollerabilità del rumore in condominio.

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