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SOTTOTETTO IN CONDOMINIO: NATURA CONDOMINIALE O PERTINENZIALE?

Un caso relativo all'ipotesi in cui il sottotetto, esclusa la sua natura condominiale, sia rivendicato dal proprietario dell'ultimo piano nei confronti del proprietario di immobile adiacente.

25/02/2022 Autore: www.condominioweb.com

Il sottotetto è quello spazio posto tra il tetto e l'immobile sito all'ultimo piano dell'edificio.

Nell'ambito del condominio, il sottotetto, ai sensi dell'art. 1117 n. 2 c.c., è di proprietà comune quando è destinato, "per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune", se non risulta il contrario dal titolo.

Il principio elaborato dalla giurisprudenza è che, in condominio, per accertare la natura condominiale o pertinenziale del sottotetto di un edificio, in mancanza del titolo, deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali: se il sottotetto svolge soltanto una funzione isolante e protettiva del piano più elevato del fabbricato (c.d. " camera d'aria"), allora si considera una pertinenza di quest'ultimo, mentre se costituisce un vano utilizzabile da parte di tutti condomini, si considera una parte comune.

La natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può presumersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato, anche solo potenzialmente, all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune; il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano solo quando assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo ( cfr. tra le tante, le più recenti: Cass. 9383 del 2020; Cass. 6143/17, Cass. 3860/20 e Tribunale di Sulmona, 4 febbraio 2021 n. 33).

In difetto di titolo giustificatore dell'occupazione del sottotetto da parte di un condòmino, per stabilire se il sottotetto è di proprietà comune oppure esclusiva del condòmino dell'ultimo piano, sarà necessario verificare la funzione che esso svolge in concreto.

Può altresì accadere che la proprietà del sottotetto di un edificio in condominio sia in contestazione tra due condòmini proprietari di due immobili posti all'ultimo piano acquistati in seguito a frazionamento da un unico proprietario.

È il caso sottoposto al vaglio del Tribunale di Firenze che con sentenza n. 50/2022 ha risolto la controversia promossa da un proprietario di immobile posto all'ultimo piano di un condominio contro il condòmino proprietario di immobile adiacente per ottenere l'accertamento dell'illegittima occupazione da parte di quest'ultimo di porzione di sottotetto posto nella proiezione verticale della superficie di proprietà attorea.

Sottotetto in condominio: l'esercizio dell'azione di rivendicazione da parte del proprietario di un immobile all'ultimo piano

Nell'ipotesi di illegittima occupazione del sottotetto da parte di un altro condòmino, ci si pone il problema se l'azione volta ad ottenere la cessazione dell'abusiva condotta altrui sia giuridicamente qualificabile come azione di restituzione o azione di rivendica.

Nella specie, parte attrice deduceva di non aver esercitato azione di rivendica ex art. 948 c.c., bensì azione volta a contestare l'illegittima occupazione del suo sottotetto richiamando la presunzione di proprietà di cui all'art. 934 c.c. secondo cui qualunque costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo, appartiene al proprietario di questo, salvo titolo contrario.

Ciò, perché, a dire dell'attrice, il sottotetto ricadeva sopra l'immobile di sua proprietà.

Il Tribunale, ha qualificato l'azione esercitata dall'attrice come petitoria, sulla base di un orientamento giurisprudenziale, Cass. n. 14135/2005 e Cass. n. 705/2013, secondo cui "non è azione di restituzione ma di rivendicazione quella con cui l'attrice chieda di dichiarare abusiva ed illegittima l'occupazione di un immobile di sua proprietà da parte del convenuto, con conseguente condanna dello stesso al rilascio del bene e al risarcimento dei danni da essi derivati.

La domanda di restituzione, infatti, presuppone l'esistenza di un rapporto obbligatorio personale inter partes e dunque è volta ad ottenere l'adempimento dell'obbligazione di ritrasferire una cosa precedentemente trasmessa dall'attore al convenuto in forza di negozi quali la locazione, il comodato etc.

Al contrario, l'azione di rivendica viene chiesta nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell'assenza anche originaria di ogni titolo.

In altre parole, il fondamento dell'azione di restituzione risiede in un rapporto obbligatorio a differenza dell'azione di rivendica che risiede nel diritto di proprietà del quale occorre che venga data piena prova, mediante la c.d. probatio diabolica.

In tema di azione di rivendicazione, infatti, l'attore è tenuto a provare la proprietà risalendo anche attraverso i propri danti causa, fino all'acquisto a titolo originario, ovvero dimostrando il compimento dell'usucapione.

Nella specie, non si poneva il problema dell'acquisto a titolo originario poiché il fabbricato era di proprietà dell'unico proprietario che successivamente aveva venduto alle parti in causale unità immobiliari poste in corrispondenza del sottotetto.

Si poneva, invece, la questione di verificare se alla data di acquisto da parte dell'attrice del suo immobile, il sottotetto fosse già interessato da accesso tramite botola dal corridoio dell'unità immobiliare del convenuto.

Orbene, l'esistenza di un accesso al sottotetto esclusivamente dall'immobile del convenuto già alla data di acquisto di tale immobile - accesso dunque ragionevolmente realizzato in occasione dei lavori di frazionamento del fabbricato antecedenti gli atti di vendita - ha portato il Tribunale ad escludere l'illegittima occupazione da parte del convenuto della porzione di sottotetto sovrastante l'immobile dell'attrice.

Il Tribunale ha escluso poi, che il sottotetto fosse di natura condominiale. Vediamo le motivazioni.

Sottotetto in condominio: le caratteristiche e la funzione che escludono la natura condominiale

Come detto, secondo costante e conforme orientamento giurisprudenziale, il sottotetto non ha natura condominiale e va considerato pertinenza dell'appartamento dell'ultimo piano quando:

- assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità l'appartamento dell'ultimo piano;

- non ha dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo.

(Cass. n. 6143/2017; Cass 3860/20).

Le caratteristiche e condizioni perché il sottotetto possa considerarsi vano comune, in generale sono riferibili all'accessibilità dal pianerottolo della scala comune e non dai singoli appartamenti dell'ultimo piano; all' idoneità del pavimento originario a sopportare il peso del calpestio e di deposito di oggetti; alle dimensioni e all'altezza del sottotetto; alla mancanza di divisioni interne corrispondenti alle porzioni sottostanti; all' installazione di parti dell'impianto di riscaldamento comune.

Nella specie, si tratta di un sottotetto costituito da mero cannicciato con un'altezza che non superava i 150 cm (in corrispondenza dell'immobile di proprietà dell'attrice) e i 180 cm (in corrispondenza dell'immobile di proprietà del convenuto) e, senza passaggi di tubi o cavi.

Per tali motivi, il sottotetto in questione ha la mera funzione di isolamento dell'unità immobiliare sottostante di cui, pertanto, ne costituisce una pertinenza.

In particolare, nella specie, il sottotetto costituisce una pertinenza dell'immobile di proprietà del convenuto, e non dell'attrice, in virtù di quanto accertato con l'esercizio dell'azione di rivendica, posto che è stato dimostrato che l'accesso al sottotetto era consentito soltanto dall'unità immobiliare acquistata dal convenuto.

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